Approfondimenti

In ecografia si vede solo ciò che si cerca attentamente

OSSO E CARTILAGINE

L’ecografia ha acquistato un ruolo rilevante nella valutazione dell’osso e della cartilagine articolare, essendo in grado di rilevarne in modo accurato i cambiamenti morfo-strutturali.
Grazie all’elevato potere di risoluzione delle sonde ad alta frequenza ed alla possibilità di esplorazione multiplanare, si possono infatti individuare precocemente erosioni ossee non evidenziabili con le radiografie, per avere un’accurata visualizzazione del profilo dei capi articolari anche su piani non ben valutabili; inoltre, permette lo studio diretto della cartilagine articolare, affidato, in passato, a tecniche radiografiche tradizionali (radiografie e artrografia) e successivamente alla RMN ed alla TAC.
Gli elementi indispensabili per una corretta esecuzione dell’indagine ecografica sono:

L’ecografia risulta affidabile per la valutazione del tessuto osseo grazie all’elevata reflettività dell’interfaccia tra osso e tessuti molli. Tuttavia, lo studio è limitato alla corticale ossea, che appare come una linea iperecogena rettilinea e regolare, generando il tipico sbarramento acustico posteriore e non consentendo di rilevare eventuali alterazioni dell’osso subcondrale e spongioso. L’ elemento più importante nella conduzione di una ecografia della superficie ossea è l’identificazione di punti di repere quali solchi, fossette, tuberosità, trocanteri ed epicondili. L’ecografia vanta una sensibilità ed una specificità del 100% circa nel rilievo di eventuali alterazioni corticali, in particolare nelle ossa lunghe perché più facilmente studiabili, e permette di individuare microfratture delle ossa lunghe, fratture da stress, processi osteomielitici ed eventuali tumori ossei. è inoltre possibile monitorare l’evoluzione del callo osseo, soprattutto mediante la dimostrazione della neoangiogenesi con l’eco-color-Doppler.


Fratture

In fase acuta, presentano piccole interruzioni della linea iperecogena della corticale ossea; tale discontinuità può risultare misconosciuta all’esame radiologico, come nel caso di fratture costali e della spalla, soprattutto per quanto riguarda le fratture del trochite e le Hill Sachs. In fase subacuta o cronica si evidenzia il callo osseo che può causare un impingement sulle strutture vascolo-nervose o tendinee vicine. L’ecografia permette di valutare facilmente il processo di callogenesi: la caratteristica area anecogena tra due monconi ossei diventa progressivamente più ecogena fino alla calcificazione; questo monitoraggio ecografico è impiegato in particolare nel caso di fratture multiple, ad esempio per i fissatori esterni, o per allungamenti distrazionali con impianti di tipo Ilizarov. Nelle prime settimane dall’intervento, nell’area ipoecogena caratteristica del primo periodo della callogenesi, si osserva la comparsa di vasi che presentano un circolo con basse resistenze, caratterizzato da una evidente fase diastolica. L’Eco Color-Doppler è molto importante perché dimostra la formazione progressiva di nuovi vasi fino a circa 3- 4 mesi dall’intervento; l’indice di resistenza tende a rimanere basso nelle prime settimane dopo l’intervento; viceversa, la mancanza di sviluppo dei segnali di flusso e la persistenza di alti indici di resistenza costituiscono fattori prognostici negativi, dato che sono stati osservati in pazienti con ritardo di guarigione della frattura. Dobbiamo tenere in considerazione parametri morfologici (presenza/assenza dei vasi, loro numero e forma) e parametri funzionali (indice resistivo, comparsa di un “notch” telesistolico); nei pazienti con evoluzione favorevole della frattura, il calibro dei vasi afferenti aumenta progressivamente, il loro numero diminuisce ed inoltre compaiono le ramificazioni. L’indice di resistenza aumenta progressivamente, fino ai valori simili a quelli dei vasi nutrienti (da 0,36 a 0,90). Entro il secondo mese dalla frattura, compare il notch telesistolico che evidenzia la comparsa della tunica muscolare nella parete del vaso. Il normale processo di guarigione dell’osso può venire interrotto da parecchi fattori meccanici e bioumorali che riducono abnormemente il numero di vasi ed incrementano le resistenze periferiche nei vasi residui attraverso l’involuzione fibrosclerotica del tessuto circostante.
I geodi paraarticolari pongono problemi di diagnosi differenziale con le fratture; in quelle “a legno verde” dei bambini, l’ecografia permette di rilevare il sollevamento del periostio, il quale spesso si presenta integro; si può riscontrare una linea iperecogena (periostio interrotto) che fluttua liberamente nell’ematoma circostante distaccandosi dalla corticale.
Le fratture minori del trochite vengono classificate in fratture da avulsione e fratture depresse da trauma diretto. Le fratture da avulsione sono causate da un trauma distrattivo dell’articolazione glenoomerale; sono più frequenti nei pazienti giovani, in cui non si verifica la rottura del tendine del sovraspinato, ma avviene una frattura a livello della sua inserzione ossea, di dimensioni inferiori al centimetro circa, che di solito sfugge alla valutazione radiologica. All’ecografia, queste fratture appaiono come interruzioni a scalino della linea iperecogena della superficie ossea della grande tuberosità; sono caratterizzate da un dolore cronico. La loro sintomatologia è sovrapponibile a quella delle rotture della cuffia dei rotatori, ma una maggiore dolenzia nella sede della frattura alla palpazione con la sonda. Le fratture da stress sono più frequenti negli arti inferiori dei podisti e dei corridori. La clinica, sebbene aspecifica, comprende dolore all’esercizio fisico associato a tumefazione circoscritta dei tessuti molli. L’ecografia consente di formulare diagnosi precoce tramite l’identificazione dell’ispessimento focale del periostio, alcune settimane prima dell’evidenza radiologica.
I distacchi ossei sono caratterizzati da un frammento iperecogeno e sono difficilmente distinguibili da osteofiti o calcificazioni. L’esame dinamico è molto importante per la diagnosi differenziale (mobilità del frammento per compressione con la sonda o mobilizzazione dell’articolazione).
Gli impatti ossei sono tipici dei traumi contusivi e costituiscono importanti indici in caso di lussazioni o di traumi distorsivi. L’ecografia può evidenziare le lesioni di Hill-Sachs (fratture da impatto della superficie postero-superiore della testa omerale nella lussazione antero-inferiore) che appaiono come aree concave sulla superficie del trochite omerale, di solito riempite da liquido e coperte dal tendine del sottospinato.
Nel ginocchio, le fratture da impatto appaiono come una deformazione della superficie anteriore dei condili femorali e sono frequenti nelle rotture dei legamenti crociati.


Osteomielite

L’ecografia, soprattutto in patologia pediatrica, trova indicazione nella ricerca della reazione periostale in caso di osteomielite in fase acuta, prima che intervenga la demineralizzazione dell’osso rilevabile radio graficamente. Essa permette di orientare la diagnosi nonostante una certa aspecificità del segno, comune anche ad alcune forme tumorali come il sarcoma di Ewing. Nelle osteomieliti, il periostio, devascolarizzato, risulta sollevato da un abbondante strato di materiale purulento che può essere aspirato sotto guida ecografia e tenuto in coltura per isolare il microrganismo responsabile. Lo scollamento del periostio viene caratteristicamente riscontrato nei bambini a causa della sua minore aderenza al tessuto osseo. L’ecografia risulta positiva già a 24 ore dall’insorgenza della febbre. Nella forma cronica l’ecografia viene utilizzata non solo per la diagnosi, ma anche per valutare il coinvolgimento ascessuale dei tessuti molli circostanti (70% dei casi), caratterizzato da una raccolta fluida ipo-anecogena e come guida per drenaggi percutanei.


Tumori ossei

L’ecografia nello studio dei tumori è importante per la dimostrazione dell’invasione dei tessuti molli e del periostio. L’ecografia trova largo impiego nello studio dell’ostecondroma in quanto può misurare lo spessore del cappuccio cartilagineo, che è ad alto rischio di degenerazione allorché supera i 3 mm.
Nell’ambito dei tumori ossei l’ecografia costituisce il primo step diagnostico in tutti i casi di processi osteolitici endostali che portano ad una riduzione di spessore della corticale e permettono di guidarne la biopsia. Nelle zone di insorgenza di tumori maligni, quali l’osteosarcoma, l’ecografia ci fa individuare il sollevamento del periostio. La diagnosi di cisti aneurismatica, qualora questa eroda la corticale, può essere formulata con l’ecografia attraverso la dimostrazione di un’area ipoaneecogena semplice oppure con dei setti interni di spessore regolare. La diagnosi di esostosi può essere ipotizzata sulla base di una ecografia quando viene dimostrata una linea iperecogena che origina dalla normale corticale, con cono d’ombra posteriore. Osteocondromi, encondromi, osteosarcomi possono essere sospettati solo quando debordano dal piano corticale, con margini più o meno regolari.


Cartilagine

La cartilagine articolare viene suddivisa in cartilagine fibrosa e cartilagine. La prima è composta prevalentemente da sottili fibre collagene disposte parallelamente tra di loro (matrice collagene) con cellule cartilaginee interposte e scarsa sostanza fondamentale; è tipica delle strutture meniscali del ginocchio, del cercine fibrocartilagineo della spalla, della cartilagine fibrotriangolare del polso e dei menischi dell’articolazione temporo-mandibolare. Ecograficamente essa appare omogenea ed iperecogena. La rottura di queste strutture cartilaginee può dare origine a cisti periarticolari a causa della fuoriuscita di liquido dall’interruzione tra articolazione e capsula articolare. Ecograficamente si può studiare anche il labbro glenoideo nelle lussazioni di spalla recenti, dove il versamento intrarticolare costituisce un mezzo di contrasto naturale. Il labbro patologico mostra una riduzione della sua ecogenicità ed eventualmente una soluzione di continuità, riempita da versamento articolare. La formazione cistica conseguente all’interruzione che si crea tra cercine e capsula articolare costituisce il ganglio soprascapolare, così definito perché comprime il nervo soprascapolare. Questo ganglio è associato ad un quadro clinico caratterizzato da tumefazione articolare, atrofia muscolare e dolore sottoacromiale per lo squilibrio muscolare che, nei pazienti giovani e sportivi (ad esempio lanciatori, pallavolisti o pesisti), entra in diagnosi differenziale con il dolore da rottura della cuffia dei rotatori.


Menischi

I menischi vengono studiati mediante una sonda lineare con scansioni coronali e assiali a livello dell’interlinea articolare, esercitando un leggero stress in varo per il menisco esterno ed in valgo per il menisco interno; i corni posteriori si studiano posizionando la sonda a livello del cavo popliteo. Il menisco appare come una struttura triangolare omogenea iperecogena che risalta tra le due cartilagini ialine articolari ipoecogene del condilo femorale e del piatto tibiale. È possibile rilevare in modo piuttosto accurato le lesioni traumatiche localizzate nella regione periferica e posteriore del menisco. Le rotture meniscali sono caratterizzate da un’interruzione o fissurazione ipoecogena per la presenza di liquido articolare. Le rotture meniscali sono classificate in rottura longitudinale (parallela al margine interno), rottura a manico di secchio, rottura radiale (perpendicolari al margine esterno), rottura orizzontale (dalla superficie superiore o inferiore al margine esterno); quest’ultime, in particolare se del menisco esterno, sono più spesso associate a cisti parameniscali post-traumatiche in comunicazione con lo spazio intrarticolare. La degenerazione meniscale senza rotture viene dimostrata frequentemente nei soggetti anziani come rigonfiamento e protrusione del muro meniscale esterno dai limiti ossei dei capi articolari; in tali condizioni, l’ecogenicità del triangolo fibrocartilagineo meniscale è sempre ridotta. L’ecografia è particolarmente utile nello studio del menisco discoide nei bambini di età inferiore ai 6 anni, nei quali il menisco esterno perde la caratteristica conformazione triangolare ed appare come una banda ricurva in cui, su un unico piano di scansione, non si distinguono gli apici liberi del corno anteriore e posteriore separati dallo spazio articolare. L’ecografia viene utilizzata nello studio dei menischi ogni volta che non sia possibile eseguire una Risonanza Magnetica o una Tomografia Computerizzata (es. pazienti troppo giovani o anziani). Infatti le rotture meniscali periferiche risultano ben dimostrabili all’ecografia, soprattutto in soggetti di età maggiore di 50 anni poiché, a causa dell’aumentata lassità capsulare, della degenerazione meniscale e dei microtraumatismi, i menischi sono spostati più esternamente. Inoltre, proprio in presenza di degenerazione meniscale, eventuali piccole rotture sono meglio valutabili con l’ecografia che con la risonanza magnetica, dove sono nascoste dall’iperintensità di segnale che assumono i menischi degenerati in tutte le sequenze.


Fibrocartilagine triangolare

Per trovare la fibrocartilagine triangolare, la sonda deve essere posizionata a livello della stiloide ulnare,evidenziando la cartilagine ulnare; viene poi spostata distalmente sia con scansioni dorsali che volari, fino a visualizzarne l’inserzione radiale. Le rotture di tale struttura fibrocartilaginea sono dovute a traumi in rotazione durante movimenti di pronazione e supinazione. Si tratta di lesioni piuttosto piccole, che uno studio artrografico con Risonanza Magnetica è in grado di evidenziare con certezza; è talvolta possibile dimostrarle anche con l’ecografia tramite scansioni coronali con la mano nella massima deviazione radiale. Quando la fibrocartilagine triangolare è fortemente danneggiata o assente, il liquido articolare ne riempie lo spazio. Le rotture della fibrocartilagine triangolare possono essere complicate dalla tenosinovite dell’estensore ulnare del carpo e dalla sublussazione radio-ulnare (clic palpabile del polso e dolore a livello della stiloide ulnare).


Cartilagine ialina

La cartilagine ialina, adiacente all’osso subcondrale, appare generalmente omogenea ed ipoecogena. Lo spessore della cartilagine normale è dell’ordine di 2-3 mm, ma varia a seconda dell’articolazione studiata, dell’età, del sesso e della costituzione, è di maggiore spessore nei giovani, si assottiglia con l’immobilità, mentre l’eccessiva attività fisica sembra provocarne il rigonfiamento. La cartilagine ha la capacità di deformarsi se sottoposta a pressione, ma torna al suo normale spessore una volta cessato il carico. Essa è costituita da quattro strati paralleli alla superficie. Dall’esterno all’interno,si trovano: lo strato tangenziale (superficiale), lo strato di transizione, quello radiale (pro-fondo) ed infine lo strato calcifico a diretto contatto con l’osso subcondrale. Lo strato profondo e quello calcifico sono separati da una sottile linea, detta “tidemark”, di ancoraggio per le fibre collagene e ben definita negli adulti. Ecograficamente, la cartilagine ialina è ben evidenziabile sulla superficie dei condili femorali e della troclea del ginocchio, nelle cartilagini costali e nella testa femorale in occasione dello studio della anca neonatale, dove il nucleo cefalico di ossificazione, marcatamente iperecogeno, risalta in netto contrasto sulla banda cartilaginea ipoecogena.


Lesioni osteocondrali

La patologia osteocondrale comprende un insieme di alterazioni che coinvolgono la cartilagine articolare, la superficie articolare subcondrale o entrambi i compartimenti. La cartilagine ialina, la superficie ossea subcondrale e l’osso subcondrale devono essere considerati un’unica unità anatomica. All’ecografia si rileva una caratteristica banda ipo-anecogena cartilaginea tra due linee iperecogene: l’anteriore, dovuta all’interfaccia tra cartilagine e tessuti molli, sottile, e la posteriore, dovuta all’interfaccia tra cartilagine ed osso subcondrale, più spessa. Le alterazioni osteocondrali hanno un’eziopatogenesi traumatica e/o degenerativa; la loro esatta incidenza non è ancora ben conosciuta, ma i difetti condrali, per esempio, sono rilevati in più del 63% delle artroscopie. Il trauma può essere acuto o cronico, diretto (contusione), caratterizzato da fratture della cartilagine e/o dell’osso subcondrale causate dall’azione di una forza perpendicolare alla superficie articolare, oppure indiretto (distorsione), in cui un’ulteriore forza rotatoria potrebbe dislocare dalla superficie articolare un frammento di cartilagine, associato o meno ad un frammento osseo. Le “lesioni osteo-condrali” sono caratteristiche degli adolescenti e dei giovani adulti (< 25 anni), poiché la zona compresa tra la cartilagine articolare e l’osso subcondrale è più resistente dell’osso stesso e non è ancora ben definito il piano di clivaggio naturale (“tidemark”), lungo il quale si propagano le forze. Invece questo piano di clivaggio è ben definito nei soggetti adulti, i quali vanno incontro più comunemente a “lesioni condrali”, cioè limitate alla cartilagine. I microtraumatismi, ma anche alcuni fattori nutrizionali, le patologie infiammatorie, le malattie reumatiche e l’immobilizzazione, costituiscono cause di degenerazione condrale (condromalacia), caratterizzata da quattro fasi, indice ciascuna di evoluzione del danno cartilagineo. Inizialmente, aumentando il suo contenuto di acqua, la cartilagine è imbibita e non presenta soluzioni di continuo (edema cartilagineo); in una seconda fase (fibrillazione) la superficie condrale è irregolare con molti piccoli flap; successivamente viene interessata la cartilagine in tutto il suo spessore (erosione) fino a giungere all’esposizione dell’osso subcondrale. Il ginocchio è l’articolazione più colpita dalla patologia osteocondrale e più frequentemente risultano danneggiate le superfici articolari convesse rispetto a quelle concave. La clinica varia notevolmente e una diagnosi precoce di queste lesioni è spesso difficile perché la limitazione funzionale è scarsa ed i sintomi iniziali, non specifici, possono venire confusi con altri quadri patologici, come le lesioni meniscali o le distrazioni legamentose alle quali, peraltro, sono frequentemente associati. I danni cartilaginei costituiscono una causa frequente di gonalgia; il dolore insorge quando la cartilagine articolare diventa meno elastica e degenera, cosicché gli stress vengono trasferiti direttamente all’osso subcondrale ed i sintomi compaiono durante l’attività fisica. Le alterazioni sono state dimostrate ecograficamente come modificazioni quantitative , con riduzione, spesso asimmetrica, dello spessore della cartilagine articolare) e qualitative (riduzione della normale anecogenicità della banda cartilaginea e/o comparsa di aree finemente ipoecogene; perdita dell’aspetto lineare della limitante anteriore, che da linea curva continua si trasforma in linea frastagliata ed irregolarità della limitante posteriore, causate da interruzioni della superficie ossea subcondrale). L’osteocondrite dissecante è una condizione particolare, in cui si verifica una parziale o completa separazione di un’area focale di cartilagine e di una quantità variabile di osso subcondrale dovute a forze agenti tangenzialmente alla superficie articolare. I frammenti condrali o osteocondrali all’interno della cavità articolare, originati da fratture della superficie articolare, dall’osteoartrite e dalla osteocondromatosi, vengono evidenziati dall’ecografia come strutture iperecogene, talvolta con ombra posteriore di varie dimensioni, mobili all’interno del liquido articolare spontaneamente al variare del decubito e nei movimenti articolari attivi o passivi oppure alla pressione della sonda. Nelle lesioni acute post-traumatiche, la causa più comune di tumefazione del ginocchio è l’emartro, secondario non solo a rotture del tendine quadricipite, del legamento crociato anteriore ed a lesioni della capsula, ma anche a fratture condrali ed osteocondrali o meniscali. In questi eventi acuti, nei quali l’esame clinico è difficile da eseguire ed anche la Risonanza Magnetica potrebbe non essere diagnostica, l’ecografia costituisce uno strumento utile per evidenziare la causa dell’emartro. In particolare sono ben evidenziabili le fratture della banda ipoecogena cartilagine, come fissurazioni iperecogene, i difetti cartilaginei quando il frammento si è staccato ed eventuali corpi liberi condrali o osteocondrali, soprattutto se associati a versamento articolare. I corpi liberi intraarticolari costituiscono una causa di versamento articolare con limitazione funzionale o vero e proprio blocco articolare. Essi,talvolta completamente asintomatici, sono costituiti da frammenti meniscali o condrali e sono ecograficamente rilevabili come strutture iperecogene circondate da versamento articolare o come irregolarità corticali se in continuità con la superficie ossea. Le rotture del labbro acetabolare costituiscono una causa di dolore dell’anca e clinicamente sono caratterizzate da schiocco articolare. Il labbro acetabolare, così come il cercine glenoideo ed i menischi del ginocchio, è una struttura triangolare fibrocartilaginea normalmente iperecogena a livello del margine dell’acetabolo. La rottura si evidenzia ecograficamente come alterazione anecogena o ipoecogena del labbro, associata talvolta a cisti subcondrali. L’ecografia è anche in grado di rilevare corpi liberi intraarticolari, soprattutto se è presente versamento articolare e, in pratica, solo anteriormente. Nel gomito la patologia articolare più frequente è costituita dai corpi liberi cartilaginei in caso di lesioni osteocondrali e condrali; essi vengono riscontrati nei recessi articolari anteriore, posteriore o anulare. Ecograficamente si rileva una struttura iperecogena lineare che corrisponde al frammento osseo subcondrale staccato, associata ad una struttura ipoecogena che corrisponde alla cartilagine ialina.


Artrite reumatoide

L’ecografia costituisce la tecnica di imaging ideale sia per la diagnosi precoce che per il follow-up dell’artrite reumatoide, ed è impiegata nello studio delle articolazioni colpite dal processo reumatoide (più frequentemente metacarpofalangee ed interfalangee, polso e spalle) perché è in grado di rilevare facilmente anche un minimo versamento articolare e la proliferazione sinoviale. Inoltre l’ecografia riveste un ruolo fondamentale nella dimostrazione delle erosioni ossee (secondarie all’infiammazione della sinovia) in uno stadio precoce di malattia (“Early Arthritis”) quando l’esame radiologico convenzionale è negativo o ne individua un numero minore. Le erosioni marginali a livello delle “aree nude”, ai margini della cartilagine articolare, appaiono alla ecografia come zone di interruzione della linea iperecogena continua del profilo corticale; questi difetti ossei sono riempiti da panno sinoviale ipoecogeno Nelle fasi precoci di attività della malattia, è presente l’edema cartilagineo evidenziato ecograficamente come un ispessimento della banda cartilaginea ipoecogena; successivamente l’infiammazione cronica conduce ad un aspetto sfumato della superficie articolare fino a realizzare piccole soluzioni di continuo. A questo punto la cartilagine risulta sensibilmente ridotta di spessore. Nelle fasi avanzate della malattia reumatica sono evidenti cisti subcondrali che possono contenere del panno sinoviale. Di fondamentale importanza è la caratteristica di multiplanarietà dell’ecografia, poiché le scansioni longitudinali e trasversali consentono lo studio di un’ampia superficie dei capi articolari. In particolare, è possibile riconoscere le “microerosioni” a livello del versante radiale della seconda testa metacarpale e di quello laterale della quinta testa metatarsale.


Artrite psoriasica

La semeiotica ecografica è sostanzialmente sovrapponibile a quella dell’artrite reumatoide, in particolare le entesiti presentano un quadro ecografico diverso a seconda dello stadio evolutivo: all’esordio, sebbene l’entesi ed il tendine mostrino una ridotta ecogenicità a causa del processo infiammatorio, il profilo osseo non mostra alterazioni di rilievo. Invece in fase avanzata sono evidenti delle discontinuità del margine osseo che evolvono in vere e proprie aree di riassorbimento; in fase tardiva si rilevano entesofiti con il caratteristico cono d’ombra posteriore.


Condrocalcinosi

L’ecografia permette di rilevare il deposito di cristalli di pirofosfato a livello delle cartilagini ialine e/o dei menischi come una banda omogeneamente ecogena con il caratteristico aspetto a “doppio contorno”, nella maggior parte dei casi senza cono d’ombra posteriore.


Artrosi

In caso di artrosi, l’ecografia evidenzia l’interruzione e/o l’irregolarità del margine condro-sinoviale e di quello osteo-cartilagineo L’alterazione dell’ecostruttura interna della banda cartilaginea e la riduzione, spesso asimmetrica, dello spessore della cartilagine. Caratteristici sono gli osteofiti, strutture iperecogene con cono d’ombra posteriore che alterano la regolarità del profilo osseo articolare.


ARTICOLAZIONI

Lo studio delle articolazioni richiede l’impiego di sonde a frequenza compresa tra 7 e 14 MHz. Per lo studio delle strutture altamente riflettenti che costituiscono l’anca del neonato, è indicata anche una frequenza di 5 MHz. L’esame di ogni articolazione dovrebbe essere condotto secondo un protocollo stabilito, che può essere integrato da scansioni addizionali, a seconda del quesito clinico. Quando esaminiamo tendini e muscoli, dobbiamo tener conto dell’anisotropia acustica dovuta alle fibre muscolari e collagene; a causa dell’orientamento intrinseco di tali strutture, l’ecogenicità si modifica conseguentemente all’angolazione della sonda. Differenze di ecogenicità dovute a tale effetto possono essere mal interpretate come lesioni. Un qualsiasi referto ecografico dovrebbe includere i seguenti reperti:

Principali diagnosi differenziali ecografiche

Lesioni anecogene:cisti, gangli, tumefazioni. Attenzione: gli ematomi, gli ascessi e, raramente, i tumori possono essere anecogeni.
Lesioni ipoecogene:gli ematomi, gli ascessi, il tessuto di granulazione, molti lipomi (caratteristica struttura “pennata”), molti tumori benigni e quasi tutti quelli maligni, molte lesioni tendinee. Alcune tumefazioni e cisti possono presentare un contenuto fluido ecogeno.
Lesioni iperecogene:i lipomi, le rotture tendinee (interfaccia riflettente), calcificazioni od ossificazioni (tipica ombra acustica), difetti della corticale ossea (ad es., erosioni, lesione di Hill-Sachs). Le lesioni ipoecogene non sono specifiche, la diagnosi differenziale è determinata anche dai reperti di ulteriori indagini strumentali e dalla presentazione clinica, ad esempio nelle artriti sinoviali, la distinzione tra tumefazione ipoecogena e panno è difficoltosa.


Quali risposte può dare l’esame ecografico delle articolazioni e delle strutture periarticolari?

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